IL PRETORE
    Letti gli atti e sciogliendo la riserva che precede;
                             O S S E R V A
    Il principio pacifico in giurisprudenza, secondo cui le nullita' e
 le decadenze relative alla prova testimoniale sono stabilite non  per
 motivi di ordine pubblico ma a tutela esclusiva degli interessi delle
 parti,  implica  che l'intervento del giudice, posto che ne sia stata
 validamente eccepita la decadenza, sia volto ad  accertare  i  motivi
 che   possono   determinare   il   mancato   espletamento  del  mezzo
 istruttorio.
    L'art. 208 del c.p.c. dispone che il giudice dichiara decadute dal
 diritto di farla assumere quando le parti non compaiono nella udienza
 fissata per l'inizio o per la prosecuzione della prova.
    L'art. 104 delle disp. att. del c.p.c. dispone a sua volta che  il
 giudice  dichiara  decaduta  dalla  prova  la  parte che senza giusto
 motivo non fa chiamare i testimoni (omette, cioe', di  notificare  la
 intimazione).
    Entrambe  le norme, di chiaro contenuto sanzionatorio per la parte
 che abbia manifestato sintomi di negligenza, consentono  tuttavia  di
 poter  rimediare  alle omissioni manifestate dalle parti del processo
 quando si riconosca che la mancata  comparizione  delle  medesime  e'
 stata determinata da gravi motivi (art. 208, terzo comma, del c.p.c.)
 ovvero  quando  la  omessa intimazione dei testi risulti giustificata
 (art. 104, secondo comma, delle disp. att. del c.p.c.).
    Se, dunque, la legge consente di neutralizzare la dichiarazione di
 decadenza derivante da fatti soggettivi quando di essi venga  fornita
 valida  giustificazione,  pur  sempre  legata  a motivi soggettivi, a
 maggior ragione  tale  dichiarazione  di  decadenza  dovrebbe  essere
 evitata  e  comunque  essere  consentito alla parte di indicare nuovi
 testi quando l'assenza dei medesimi, di  cui  sia  stata  ritualmente
 richiesta la intimazione, risulti giustificata da fatti assolutamente
 indipendenti dalla volonta' della parte.
    Una  certa  discrezionalita' viene, peraltro, gia' riconosciuta al
 giudice quando  gli  consente  di  disporre,  anche  di  ufficio,  la
 escussione  di testi non indicati prima dalla ordinanza di ammissione
 della prova testimoniale.
    Restando in tema di  testi  non  indicati,  tale  discrezionalita'
 risulta pero' limitata (art. 257, primo comma, del c.p.c.) al caso in
 cui  alcuno  dei  testi di riferisce, per la conoscenza dei fatti, ad
 altre persone.
    Ritiene  il  giudicante  che il riferimento testuale operato dalla
 norma in rassegna, da ritenersi tassativo  anche  per  giurisprudenza
 del  supremo  Collegio  (Cass.  6  aprile 1963, n. 893), impedisce di
 fatto l'estensione analogica del ricorso a tale potere  discrezionale
 del giudice anche a quei casi in cui la tardiva indicazione dei testi
 derivi  da  fatti  non imputabili alla parte, quale, come nel caso di
 specie, il sopravvenuto decesso del teste precedentemente indicato ed
 autorizzato ad essere sentito con la ordinanza ammissiva di prova.
    Siffatta  interpretazione  restrittiva  non  ha  ragione  d'essere
 sicche'   non   vi   e'  dubbio  che  il  trattamento  riservato  dal
 legislatore, nel senso di assimilare  l'effetto  sanzionatorio  della
 mancata  comparizione del teste per omessa notifica della intimazione
 derivante dall'avvenuto suo decesso al caso  di  mancata  intimazione
 del  medesimo,  ovvero  di  mancata  presenza della parte in udienza,
 sembra porsi i termini di palese contrasto con gli artt. 3 e 24 della
 Costituzione.
    Con la prima norma, in quanto le parti  del  rapporto  processuale
 avrebbero un diverso trattamento solo perche', nell'adempimento di un
 onere  imposto  dalla  legge  (intimazione  di  un  teste  a mezzo di
 ufficiale giudiziario) da entrambe eseguito, sarebbe consentita  alla
 sola  parte  che  fortunatamente avesse rinvenuto il teste in vita la
 facolta' di poter provare  le  ragioni  della  domanda  laddove  tale
 facolta'  verrebbe  impedita  a  quella parte che malauguratamente si
 fosse invece imbattuta in un teste che risultera'  deceduto  dopo  la
 ordinanza di ammissione della prova.
    Con  la seconda norma perche' la tutela dei diritti, la cui difesa
 si ritiene inviolabile in ogni stato e grado del  processo,  verrebbe
 di  fatto  vanificata ove l'impedimento del teste a comparire davanti
 al giudice dipendesse da sua impossibilita'  fisica  (come  nel  caso
 della morte) e non anche da una negligenza della parte.
    Quanto   sopra   premesso   sotto  il  profilo  di  non  manifesta
 infondatezza della questione, la  stessa  deve  ritenersi  poi  anche
 rilevante  per  l'evidente rilievo che le ragioni della parte attrice
 si fondano sulla facolta' di escutere i testi indicati, per cui,  una
 volta  accertata la concreta impossibilita' di reperire uno dei testi
 sloggiati (dei quali, ai fini dell'accertamento di  altro  domicilio,
 ne appare plausibile la impossibilita' della parte che certamente non
 dispone  dei  completi  dati anagrafici del teste stesso), la mancata
 possibilita' di fornire al giudice le indicazioni di un  nuovo  teste
 (accertatone  che  sia  stato  il decesso) inciderebbe sull'esito del
 giudizio, finendo col prospettarne un probabile esito negativo.